Avere cura di un territorio - Intervento di Giuseppefraugallery al Forum dell'arte contemporanea 2020




Forum dell'arte contemporanea

2020

Tavolo 1

Dalla città creativa alla città della cura, proposte per nuovi paradigmi relazionali
In questo periodo non stiamo mai stati fermi ma abbiamo fermato tutto, utilizzando il tempo per una pausa di riflessione, per necessità ma anche per rispetto: della nostra salute, e di quella degli altri, della nostra arte, e di quella degli altri.  
Abbiamo sempre ritenuto che l’arte non debba essere sempre e comunque più importante di “tutto il resto”: oggi più che mai è necessario, per la sua e la nostra sopravvivenza, metterla al servizio di quel “tutto il resto”. 
Diciamoci la verità: una volta terminata la pandemia, speriamo che non proprio tutto ritorni come prima. Affinché ciò avvenga, però, questa emergenza dovrebbe durare a lungo, molto più a lungo, fino a mettere in ginocchio il sistema. Noi dobbiamo preferire altri modi per contestare e/o mettere in crisi capitalismo e consumismo: se il Covid-19 non è di classe, e può colpire tutti, la crisi economica, con la perdita dei posti di lavoro conseguenti, non è così democratica.
Detto questo, mettendo la sconfitta del virus al primo posto, ci proviamo anche noi ad immaginare scenari inediti, nuove strategie e soluzioni innovative all’altezza di una crisi epocale, che ha sorpreso il mondo dell’arte in pieno vernissage, sospendendo di colpo i riti di un sistema che sembrava così forte e consolidato, quasi immortale.
Veniamo al punto. Perché la società, la politica, l’economia, dovrebbero chiedere aiuto all’arte? E se lo facessero, cosa di utile e di concreto vorremmo e/o saremmo capaci di fare? E se invece dovessimo essere costretti noi (anche questa volta senza essere presi in considerazione) a chiedere aiuto alla società, alla politica, all’economia?
Avere cura di una società, di una città, di un luogo, di un territorio, di una comunità, che non ha avuto cura di noi: in questo sta la nostra utilità e questo deve continuare ad essere il nostro punto di forza.
Un’azione che avrà un senso, un peso, una migliore efficacia, sopratutto se si metterà in continuità con i percorsi già attivi prima del Covid-19 (come ad esempio lo sono le esperienze rappresentate in questo tavolo). Altrimenti il tutto sarà solo temporaneo, sporadico, autoreferenziale e soprattutto sterile: l’ennesimo gioco a mantenere posizioni di visibilità, nell’attesa che l’economia dell’arte ritrovi i suoi riti e i canali tradizionali di diffusione, distribuzione e vendita. Un ritorno al futuro nella normalità della produzione dell’opera e dell’artista.
Oggi tutti si aspettano risposte da parte della scienza, dall’economia e dalla politica prima ancora che dall’arte. Se anche noi vogliamo riuscire ad essere utili in questa emergenza, per raccontare e sopratutto per contare qualcosa, il nostro fare arte deve diventare un fare politico, o meglio, esistere e resistere anche in quanto fare politico
L’azione pedagogica con e per l’arte, in quanto azione pubblica, partecipata, radicata e radicale, è contemporaneamente un saper fare dell’arte e un saper essere della politica. La nostra azione pedagogica, soprattutto quella radicale e indipendente, in quanto azione di formazione, di creazione, di ricerca, di partecipazione, di condivisione, di ricostruzione, di innovazione e di rivoluzione è un’azione dell’arte, è un’azione pubblica: è un’azione politica.
In sintesi: se vogliamo essere utili nel processo di cambiamento ed innovazione dell’arte e della società, il fare pedagogia dell’arte e il fare la pedagogia con l’arte, devono necessariamente trasformarsi da una politica per l’arte in un fare politico dell’arte: un vero e proprio operare politico inteso come vero e proprio operare dell’arte.
Le realtà indipendenti impegnate nell’azione pedagogica, come le nostre, non sono, e non devono essere, solo strutture formative dell’arte contemporanea ma, in quanto presidi nel territorio, devono diventare anche realtà rappresentative, sia dell’arte (e degli artisti) che del territorio (e dei cittadini e dell’ambiente).
Dobbiamo non essere solo voce dell’arte e della cultura ma anche portavoce delle necessità delle comunità locali con cui lavoriamo, e che quindi rappresentiamo. 
Dobbiamo, ancor prima di chiedere soccorso, essere capaci di portare soccorso.
Dobbiamo essere un punto di riferimento non solo per gli artisti e la ricerca artistica ma per i territori: è necessario quindi continuare a mettere in relazione artisti e comunità locali, anche attraverso le buone pratiche dell’azione didattica a distanza. Attiviamo laboratori e residenze virtuali, ma che diano vita ad azioni reali nel territorio, capaci di creare  cooperazione, di attivare relazioni, realizzare piattaforme intese, esse stesse, come opere d’arte: non solo come mezzi ma anche come fini. 
Non si tratta di imparare a sopravvivere anche in una parte del pianeta più fortunata da quelle dove l’emergenza è da ben più tempo radicata nella quotidianità, ma di re-imparare a vivere o, nel nostro caso, di insegnare a farlo. 
Pensate ora all’inadeguatezza di chi, legittimamente, vorrebbe ancora continuare a mettere “tutto il resto” al servizio dell’arte: allora sì che l’arte sarebbe davvero inutile a quel “tutto il resto”, sfruttato dall’arte come lo è dal capitalismo. 
Chissà, forse anche l’arte aspira essere democratica e virale, capace di operare cambiamenti radicali come il Covid-19: prima però dobbiamo decidere se essere un virus o un vaccino.
Forum dell’Arte Contemporanea 2020 / Tavolo 1 / Pino Giampà (collettivo Giuseppefraugallery)
Giuseppefraugallery (Eleonora Di Marino, Pino Giampà, Riccardo Oi, Davide Porcedda)   è un collettivo di artisti che agisce attraversando i campi dell’arte e dell’attivismo, sperimentando forme d’arte, di resilienza e resistenza culturale. Il nostro obiettivo di incidere sulla realtà portando la comunità a pensare forme di sviluppo alternative ed innovative, viene portato avanti attraverso azioni e progetti che sappiano relazionarsi con le istanze locali ed essere attivi  anche nella divulgazione dell’arte stessa: il più recente, la Scuola Civica d’Arte Contemporanea, è stato concepito come un’opera d’arte pubblica e sociale; completamente gratuita, non riceve finanziamenti pubblici, si occupa di ricerca e formazione, organizza incontri con la comunità, elabora progetti d’arte pubblica e sociale, contribuendo a disegnare il futuro del territorio.

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