Reality performance 2, Elezioni a Carbonia 2011





Partecipazione di Eleonora Di Marino alle elezioni comunali di Carbonia, per portare avanti il programma per la candidatura di Carbonia, Sulcis Iglesiente e Guspinese a Capitale Europea della Cultura 2019.

Alla fine dell'avventura, rifiuta qualsiasi incarico (presidente di una Commissione nella Provincia) in cambio di un adesione al programma per la cultura portato avanti in campagna elettorale.





La candidatura di Carbonia ed il Sulcis-Iglesiente-Guspinese a Capitale Europea della Cultura 2019

  Pensare un progetto culturale che possa proiettarci a livello europeo, significa innanzitutto ripensare  i processi in cui la cultura  potrebbe operare,  in maniera innovativa, rispetto ad altri sistemi territoriali economicamente più avvantaggiati.
Fortunatamente non si tratta di chiedere un riconoscimento per quello che abbiamo o per quello che abbiamo fatto, ma di saper progettare ed investire  sulla  particolarità, sull’estrema particolarità e precarietà, del nostro territorio, proponendo all’Europa di ripensare anche i concetti stessi di capitale e di cultura.

Carbonia ed il Sulcis-Iglesiente-Guspinese non sono  semplicemente periferici, rispetto  ai Centri della cultura europea, ma sono anche su un isola, un luogo non tanto facilmente raggiungibile dai grandi flussi  di persone che un simile evento richiede.
Sarebbe necessario saper progettare e realizzare infrastrutture complesse e costose, comunicare e capitalizzare la comunicazione a livelli pazzeschi: proprio come tante volte ci siamo promessi di fare, od accusati reciprocamente di non fare, questa volta semplicemente lo faremo, lo dobbiamo saper fare, perché l’Europa siamo anche noi, anzi per un anno, il 2019 vorremmo esserlo soprattutto noi.

Iniziamo a  progettare i modi del progettare, consentendo  all’arte ed alla cultura di ripensare il futuro, ma anche  l’economia, l’ambiente, le strutture  sociali di un territorio.
Carbonia ed il Sulcis-Iglesiente-Guspinese si devono proporre, nel candidarsi a capitale europea della cultura, come fautori dell’arte pubblica e di tutte quelle forme dell’arte e della cultura contemporanea, in grado di essere matrice di sviluppo economico e sociale di un territorio.

Proponiamo di ospitare  in residenza e per un anno intero gli stati generali dell’arte e della cultura europea, e perché no allargandoci anche al bacino del mediterraneo,  per rilanciare la cultura ed il territorio come matrice della civiltà, dello sviluppo, dell’economia, dell’ambiente, dell’Europa.
Intorno a questo attiviamo tutte le risorse locali possibili, umane, politiche, economiche, storiche, ambientali, abituandole al confronto, all’accoglienza, alla crescita, all’interazione, allo scambio, all’Europa.
 La parte più difficile sarà far uscire dall’autoreferenzialità certi modi di fare cultura nel territorio, dobbiamo da subito operare azioni che insegnino ad  imparare a riconoscere ed a saper utilizzare i processi innovativi attivati dalla cultura, a saper pensare il futuro, senza buttare via il passato né sprecando il presente, aprendoci a linguaggi nuovi, nuovissimi, magari  inediti.

La creazione in tempi brevi  di un distretto culturale naturale e sostenibile, al fine di dare organicità e prospettiva al patrimonio archeo-industriale, all’ambiente, è il primo edificio di questo progetto, la casa comune di tutte le idee affinché nulla si dimostri inutile ed effimero.
Proponiamoci come capitale in modo diverso con una  cultura che riesca pensare se stessa come risorsa e come progetto in grado di coinvolgere tutto e tutti.

 Il fatto di essere la provincia più povera d’Italia, le distanze e le diversità rispetto al concetto tradizionale di capitale della cultura non è il nostro punto debole ma la nostra forza, chiediamo all’Europa di poterci permettere di  dimostrare fino in fondo, e sulle nostre spalle di sardi e di minatori,  che veramente la cultura è la risorsa del futuro, la nuova economia,  la vera industria pulita.
Fino adesso, nel nostro territorio, se la cultura è nata dall’economia che abbiamo saputo produrre è giunta l’ora di invertire questa tendenza e di riuscire a fare il contrario.
Del resto non abbiamo scelta: l’economia è in crisi e da sola non si rimette in piedi.
Del resto, oggi,  anche saper fare economia, come tutti i saperi, è cultura ed è in questo senso più ampio e non come semplice intrattenimento per turisti, intendiamo candidarci a Capitale Europea della Cultura.

Cultura, economia e territorio 
Il ruolo che la cultura esercita nell’economia e nello sviluppo di un territorio,  è spesso condizionato alle condizioni di benessere sociale ed economico.
Possiamo anche affermare che le sue massime espressioni ed applicazioni si manifestano in società evolute, socialmente ed economicamente avvantaggiate e che queste, hanno ottenuto ulteriori vantaggi dal livello culturale  prodotto al loro interno.
Costruire nella nostra Provincia i presupposti per un territorio culturalmente attivo  è un obiettivo difficile da rendere diffuso, partecipato, raggiungibile nel breve periodo.
 La crisi industriale ha provocato profonde lacerazioni, soprattutto quando essa è stata elusa, ed esorcizzata, con il rifugiarsi nelle forme dell’intrattenimento e della produzione dedotte da una cultura televisiva, stereotipata  e nazional-popolare.
La stessa rete, se da una parte veicola informazioni libere, favorisce un’autoreferenzialità disarmante e preoccupante.
 La cultura è fatta di confronti liberi ma anche di pratiche concrete, dove l’argomentazione è sostenuta non solo con le parole, ma con opere reali: pubblicazioni, ricerche, sperimentazioni, opere d’arte, musicali, audiovisive, creative, diplomi, lauree, innovazione, lavoro, sviluppo.
Messa spesso ai margini del processo amministrativo e politico, la cultura  è sempre stata in grado di esistere anche in condizioni sfavorevoli, ma non di esercitare a fondo le sue potenzialità, restando spesso accessibile solo ad una fascia ristretta della popolazione.
 Mettere al centro la cultura è l’unica possibilità di favorire la crescita di una società realmente contemporanea e competitiva, che noi chiamiamo società  della conoscenza. Non ci sono altri modelli possibili, ogni qualvolta la cultura è messa in un angolo significa solo che qualcuno intende operare con discriminazione sociale ed economica. La nostra, le nostre, le loro differenze sono culturali ancor prima che economiche e sociali, ma le nostre, le loro differenze, si misurano anche nelle difficoltà o meno di accesso alla cultura, o meglio alle strutture dove essa viene prodotta e praticata. Non si tratta di imporre un modello culturale, il nostro agli altri, la nostra cultura è la nostra cultura, dobbiamo invece permettere e garantire un diffuso e sostenuto accesso ad essa da parte di più persone possibili, dove ciascuno può portare, trovare, ritrovare, cambiare, scambiare  la propria.
 Non esiste una cultura. esistono mille culture ed altrettante ignoranze, dobbiamo per questo incentivare lo scambio interculturale, rivolgendo una particolare attenzione all’Europa ed  ai paesi del bacino del Mediterraneo.
Prepariamo il nostro territorio e la sua popolazione, all’ospitalità, all’accoglienza, allo scambio ed all’integrazione.  Promuoviamo, nel contempo, anche microazioni locali che incidano sugli aspetti che  oggi portano  il territorio ad essere diviso in piccole comunità in costante rivalità tra loro. Il mancato accesso alla cultura, all’istruzione di qualità, alla formazione, alla produzione culturale è la vera nuova povertà dell’Occidente. Nel nostro territorio questa forma di povertà è dovuta sia alla mancanza che alla scarsità  di strutture adeguate (Università e  centri di ricerca, musei d’arte contemporanea, teatri, case editrici, case discografiche, ecc.), ma anche  da una condizione di particolare diffidenza e di scarsa apertura, aggravata, oltre che dalla crisi industriale anche  dalle dinamiche relazionali e da anni  di terrorismo televisivo. Nonostante queste difficoltà sono riuscite ad emergere alcune eccellenze ed attività di base, su cui dovremmo innescare quel processo di sviluppo che sia in grado, oltre che a pensare la crisi, a trovare soluzioni attraverso la formazione di coscienze e competenze adeguate al nostro territorio.
La cultura deve essere finalizzata oltre che come fattore di crescita individuale e collettiva anche come matrice di nuove prospettive  e nuove economie, mettendola in grado di produrre e di creare posti di lavoro anche al suo interno.

Distretto Culturale Sostenibile
L’industria culturale viene solitamente definita in tre cerchi concentrici:  in quello più piccolo si trovano i settori di base, riservati alla ricerca ed alla produzione artistica vera e propria, in quello intermedio abbiamo le industrie culturali, dalla scuola all’Università, dall’editoria alla televisione, dal cinema alla musica, allo spettacolo, intesi come produzione di massa; infine in quello esterno ci sono le industrie creative, dall’architettura al design, dalla  grafica alla moda. Il cerchio più esterno è quello che interagisce in maniera più diretta con la produzione industriale tradizionale.

Questa premessa vuole solo aiutarci a definire meglio la Cultura come sistema integrato al processo economico.
Negli anni si è andato a delineare, in questo settore, un modello di sviluppo anche partendo da situazioni di crisi industriali e di gravi emergenze ambientali, dovute all’abbandono di molte attività produttive. La formula del “Distretto Culturale Evoluto”  ha racchiuso un meccanismo che, partendo dalle dismissioni, ridisegna un territorio attraverso una forte attività creativa, artistica, culturale, progettuale ed innovativa.
 Un modello questo che si è dimostrato utile anche nelle realtà rurali che non hanno avuto un passaggio nell’industria.
Quando parliamo di sviluppo e di economia per un territorio particolare, come quello del Sulcis-Iglesiente, i nostri modelli di riferimento non sono e non possono essere importati passivamente, ma ridisegnati nel territorio e per il territorio.
Traghettare la nostra Provincia nella sua giusta ambizione di essere candidabile, tra 10 anni, a capitale europea della cultura, non deve significare  innestare  quei  modelli della contemporaneità e dello sviluppo disegnati e designati altrove, per altre  economie, per altri interessi,  ma vuole dire elaborarne di nuovi:
 creare un modello innovativo anche nei modelli dell’innovazione.
 Se per alcuni aspetti la nostra crisi è simile a quella di altri territori, è vero anche che il nostro territorio è per sua natura  unico del suo genere, e da qui dobbiamo ripartire.
Per creare nuova economia ci vogliono risorse: noi dobbiamo individuare il meccanismo per produrre risorse, prima ancora che nuove economie.
 Non possiamo permetterci il lusso di  perdere un’occasione, ma neppure credere che tutti possano capire a priori l’utilità di ricercare importanti finanziamenti da destinare alla Cultura, con le sue molteplici attività nei linguaggi della sperimentazione e della contemporaneità, per molti incomprensibili.
 Non possiamo attendere oltre: se pure avessimo da oggi tutte le risorse necessarie per agire in profondità, nel solco-culturale, e trasformare una prospettiva culturale in una realtà di concreta occupazione e sviluppo, occorrerebbero molti anni. Quindi noi dobbiamo essere in grado di partire comunque utilizzando da subito le risorse già disponibili nel territorio, partendo da quelle umane. Quelle di quel settore di base, il primo cerchio concentrico, capace di operare in condizioni di crisi e di vuoto.

Il primo passo dunque è quello della valorizzazione dell’esistente, compiendo un’azione di monitoraggio che sappia individuare strutture già operative ad un certo livello nel campo della cultura (persone, associazioni, musei, siti archeologici, scuole, strutture turistiche, eno-gastronomiche, marketing, volontariato, buone pratiche comunali, associazioni di categoria, sindacati). Attraverso la realizzazione di un progetto pilota che sia in grado di  progettare, individuando anche eventuali nuove strutture da riconvertire in attività culturali, un meccanismo in grado monitorare costantemente le ricadute economiche, occupazionali, sociali e culturali nel territorio.

La novità che vorremo apportare al modello del Distretto Culturale è quella di partire contestualmente dall’alto e dal basso, attivando nei comuni della Provincia workshop rivolti alla popolazione ed agli studenti, in modo da avvicinare  valorizzando lo spirito creativo, artistico e di conoscenza individuale e collettiva.
L’importante è che si sappia dal principio operare con l’obbiettivo di raggiungere, in tempi ragionevoli, un considerevole numero di persone   verso le  problematiche sia del territorio che delle dinamiche internazionali: senza perdere un’identità dunque, anzi valorizzandola attraverso la riscoperta di una capacità progettuale che sia da stimolo alla creazione di nuove imprese e soprattutto di nuove economie, sostenibili, eque. solidali.
Dobbiamo mettere un argine ad una  cultura effimera, televisiva, finalizzata esclusivamente all’intrattenimento ed allo svago. A questo punto, per differenziarci dalle altre formule d’importazione, potremmo chiamare il nostro Distretto Culturale Evoluto, DISTRETTO CULTURALE NATURALE ( o SOSTENIBILE), per evitare di essere invasi da uno star system che poco potrebbe lasciare alla popolazione e, viceversa, troppo alla gloria di un sistema globale e globalizzante.

La cultura non deve essere intesa come ricerca individuale per pochi eletti, essi sono sicuramente la trivella principale, ma il petrolio deve essere il territorio e chi lo abita.
 L’esistenza di un’Università nel territorio di un distretto culturale sostenibile è fondamentale: affidarsi ad istituzioni esterne non avrebbe senso, in quanto l’obiettivo non è tanto quello di avere il necessario sostegno di ricerca e di esperti, ma quello di formare  nostri giovani in maniera che possano operare con competenza nel proprio territorio.

Anche il turismo ed il rilancio turistico del nostro territorio deve passare attraverso questa prospettiva: tutte le attività in genere devono investire in cultura per poter essere non solo competitive, ma anche di nostra produzione. Un avvertimento però è d’obbligo: la situazione di crisi sicuramente ha prodotto nella popolazione, oltre che una certa diffidenza, anche una percezione diversa  rispetto alle emergenze da affrontare. Sarebbe sbagliato raccontare che questo progetto possa produrre economie ed occupazione a breve termine, dobbiamo mettere  le basi affinché la nostra generazione sappia rilanciare il sistema per un futuro che non ci riproponga crisi anche peggiori di quelle che stiamo passando.
 Non dobbiamo cadere nell’equivoco che la cultura ed il turismo possano da soli produrre un PIL necessario ad un benessere diffuso, ma  neppure arretrare su vecchie posizioni che, attraverso la concezione di una politica culturale intesa come patrocinio di una marea di eventi più disparati, non sono mai state in grado  di contribuire  ad un punto di PIL. Il nostro obiettivo, nell’arco di un decennio, è quello di arrivare al 5-6%  (9,8%  è la media nazionale, 0,3 la regionale) per l’industria culturale ed ad un 10-11 % nel turismo (13% è la media nazionale, 8 quella regionale).

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