SULCIS: DISTRETTO CULTURALE OPEN SOURCE (NATURALE, GLOCALE, ECO-SOSTENIBILE)
Azione preliminare n° 2
Nell’isola la sopravvivenza di circa centoventimila persone dipende dagli ammortizzatori sociali, che riceve un loro familiare, siamo parlando di quasi il 10% della popolazione: ben il 40% di questi assegni, di cassaintegrazione, vengono erogati qui nel Sulcis. Nonostante questo triste primato, provocato da una insostenibile politica industriale di retaggio ottocentesco, ancora oggi si stanno per sprecare centinaia di milioni di euro per regalarli alle industrie ed alle imprese responsabili di questa situazione. Molte di queste industrie delocalizzano, altre vogliono continuare, ma solo a suon di soldi pubblici; la politica non riesce a pensare ad altro che a quel sistema come produttore principale del PIL e delle prospettive di sopravvivenza dei posti di lavoro, a costo di finire di avvelenare l’ambiente, l’economia ed il futuro della nostra terra.
Nella nostra cittĆ , i
partiti politici, tutti, sono stati responsabili di questa situazione, hanno
tenuto sotto ricatto un intero territorio, prima governando sui posti di lavoro
che c’erano, ora speculando su quelli che non ci sono.
Anche in questa tornata elettorale, per
rinnovare un Consiglio Comunale di Iglesias, commissariato per ben due volte in
quattro anni, cercano di farci credere che la cultura sia in cima alle loro
intenzioni strategiche, la matrice su cui puĆ² rinascere un intero territorio.
Mentono! Noi sappiamo
benissimo in quale ultima voce in bilancio precipiterĆ questa intenzione ed in
quali pratiche improvvisate ed amatoriali hanno intenzione di mettere in campo,
in questo modo, in questo fallimento annunciato, potranno dimostrare che la
cultura ĆØ solo un costo insostenibile, buono a mala pena ad intrattenere la
popolazione, a riempire un piccolo albergo ed un ristorante ogni tanto, indicandoci l’unica salvezza
nell’investire nella vecchia, ma sicura, economia industriale, nei carrozzoni
clientelari, oppure cedere al turismo fondato sulla piĆ¹ feroce speculazione
edilizia nelle coste, anche se i turisti fuggiranno da tutto questo, inorriditi
per tanta barbarie culturale, lasciando sul territorio solo cemento e
desolazione. Solo con un attento presidio delle nostre associazioni
ambientaliste (ed artistiche) nel territorio, abbiamo evitato che questi
criminali abbiano potuto agire indisturbati, ma non possiamo abbassare la
guardia, la popolazione ĆØ allo stremo, in balia delle soluzioni piĆ¹ paradossali
ed improvvisate, quindi abbiamo deciso di presidiare anche queste elezioni.
La qualitĆ della
ricerca artistica e culturale la fa la qualitĆ degli artisti e degli operatori
in campo, su di un progetto di qualitĆ da mettere in campo, di norma gli artisti e gli operatori
culturali, di qualitĆ , si tengono, o vengono tenuti, lontano da certi
territori, preferendo vivere e lavorare nei grandi centri regionali, nazionali
ed internazionali, gli unici, in grado di cogliere il frutto del loro lavoro.
Tradendo queste geografie del sistema dell’arte, dopo l’esempio di Nuoro, anche
il poverissimo Sulcis ĆØ arrivato sulla ribalta della scena artistica nazionale
ed internazionale, grazie ad alcuni importanti iniziative di ricerca e di
produzione contemporanea, come Cherimus, il MACC, la GiuseppeFrau Gallery e la
Agri-Factory di Barega, ma Iglesias, da anni, si ĆØ esclusa da questo processo,
in questa cittĆ la ricerca artistica contemporanea ĆØ stata volutamente bandita
per fare posto alla autoreferenzialitĆ amatoriale dilagante.
In veritĆ la politica
ha fatto i suoi danni anche nel resto del Sulcis, prima non investendoci un
solo centesimo, poi, quando rischiavano di riuscirci, bannando la candidatura
del territorio a capitale europea 2019, piegandosi agli interessi di alcuni avidi
Dipartimenti Universitari, i quali avevano giĆ da tempo deciso di partecipare
ad altri progetti e, soprattutto, non avevano alcuna intenzione di mettere in
crisi pratiche e lobby ben collaudate, e consolidate, sottomettendosi poi alle
ragioni dei sindacati, mai sazi di disperati che bussano alle loro sedi e
sventolano le loro bandiere e votando i loro candidati, difendendo,
giustamente, le necessitĆ dei padri, ma compromettendo di fatto il futuro dei
figli, vendendosi infine agli interessi delle multinazionali, le quali, sia
quando chiudono che quando rimangono, riescono a portare nel territorio e nel
prestigio dei politici locali centinaia di milioni di euro.
Ora abbiamo deciso di
dire basta e lo abbiamo fatto creando e cercando di raccogliere intorno al
nostro progetto, le migliori, le piĆ¹ libere, energie creative presenti nel
territorio, ma non basta: Amici, Artisti, colleghi, abbiamo bisogno della
vostra partecipazione e del vostro sostegno.
Vogliamo portare
avanti un progetto che trasformi la nostra cittĆ , e l’intero territorio, in una
grande residenza laboratorio, dove accogliere le proposte di tutti, o meglio
ancora, di tutti quelli in grado di pensare l’arte come bene comune, capace di
sviluppare la percezione della realtĆ , la consapevolezza della propria
identitĆ , di immaginare il nostro futuro e di aprire scenari inediti per nuove
economie e nuove prospettive di sviluppo.
Una cittĆ , un
territorio, in grado di accogliere ĆØ una cittĆ , un territorio, in grado di
pensare e partecipare al proprio futuro; un territorio con la costante
vigilanza e partecipazione del mondo dell’arte contemporanea, ĆØ un territorio
inattaccabile dalla superficialitĆ , dalla banalitĆ , dalla speculazione e dalla
criminalitĆ politica.
Vogliamo creare le
basi per un modello innovativo di Distretto culturale evoluto, che abbiamo
chiamato DISTRETTO CULTURALE OPEN SOURCE (NATURALE, GLOCALE, ECO-SOSTENIBILE),
dove la programmazione sarĆ aperta, in continuo divenire: da un semplice
battito d’arte uno tsunami culturale. Vogliamo pensarlo anche insieme alle
potenzialitĆ del Parco Geominerario che va liberato anch’esso dalla cupola
politica come il resto della cittĆ e del territorio, vogliamo attivarlo anche
attraverso la valorizzazione, e nello sviluppo, delle buone pratiche giĆ
presenti nel territorio, non solo nella cultura, ma anche in tutti gli altri
campi del fare e del sapere umano.
Pura follia la nostra?
Ci serve anche la tua.
VenerdƬ, 24 Maggio,
alle ore 18, nella sede della Pro Loco presso il Chiostro di San Francesco, via
Crispi 13 ad Iglesias, ti aspettiamo per un primo incontro, per uno scambio di
saperi ed intenzioni programmatiche.
Porta la tua idea
sulla funzione dell’arte nei processi economici innovativi, sostenibili,
sociali ed identitari per una cittĆ ed un territorio; vanno bene anche solo
desideri, dubbi, anche presentati in video o come azione performativa, ma va
bene anche la sola tua presenza, o la sola tua adesione, come testimonianza,
per dare coraggio ad un progetto e speranza ad un intero territorio.
Sulcis: verso un Distretto Culturale Open Source (Glocale, Naturale e Sostenibile)
Traghettare il nostro territorio nella sua giusta ambizione di sviluppo culturale ed economica, non deve significare innestare quei modelli della contemporaneitĆ e dello sviluppo disegnati e designati altrove, per altre economie, per altri interessi, ma vuole dire elaborarne di nuovi: creare un modello innovativo anche nei modelli dell’innovazione.Se per alcuni aspetti la nostra crisi ĆØ simile a quella di altri territori, ĆØ vero anche che il nostro territorio ĆØ per sua natura unico del suo genere, e da qui dobbiamo ripartire.Per creare nuova economia ci vogliono risorse: noi dobbiamo individuare il meccanismo per produrre risorse, prima ancora che nuove economie.Non possiamo permetterci il lusso di credere che tutti possano capire a priori l’utilitĆ di dirottare importanti finanziamenti da destinare alla Cultura, o meglio alla ricerca ed alla sperimentazione culturale per la produzione di progetti ed azioni utili al territorio, permettendo a tutta la comunitĆ , e non solo alla politica, di poter sfruttare la sua capacitĆ di pensare il futuro.
Non possiamo attendere oltre: se pure avessimo da oggi tutte le risorse necessarie per agire in profonditĆ , nel socio-culturale, e trasformare una prospettiva culturale in una realtĆ di concreta occupazione e sviluppo, occorrerebbero molti anni. Quindi noi dobbiamo essere in grado di partire comunque, a prescindere dalle risorse disponibili nel territorio, partendo proprio da quel settore di base, il primo cerchio concentrico, capace di operare in condizioni di crisi e di vuoto.Il primo passo dunque ĆØ quello della valorizzazione dell’esistente, compiendo un’azione di monitoraggio che sappia individuare, ma senza pregiudizi, le strutture giĆ operative nel campo dell’innovazione della cultura e dell’impresa, per attivare attraverso la realizzazione di una rete open source che sia capace di elaborare progetti e di renderli condivisi, individuando anche quali strutture siano da riconvertire in imprese culturali, mettendo da subito in campo un meccanismo in grado monitorare costantemente le ricadute economiche, occupazionali, sociali e culturali nel territorio, per evitare di sostenere cattive pratiche culturali, colpevoli anch’esse dello stato di crisi e di sottosviluppo in cui versa la nostra cittĆ ed il nostro territorio.
La novitĆ che vorremmo apportare al modello (quello di Richard Florida per intenderci) del Distretto Culturale ĆØ quella di puntare direttamente ad un modello inedito che potremmo chiamare Distretto Culturale Open Source (Glocale, Naturale e Sostenibile), capace di partire contestualmente dall’alto e dal basso, attivando nel territorio workshop con operatori internazionali ma esclusivamente rivolti alla ai cittadini, alle associazioni ed alle imprese, in modo da renderli protagonisti del processo, valorizzando lo spirito creativo e di conoscenza individuale e collettiva.L’importante ĆØ che si sappia dal principio operare con l’obbiettivo di raggiungere, in tempi ragionevoli, un considerevole numero di persone, tenendo conto sia delle problematiche del territorio che delle dinamiche internazionali: senza perdere un’identitĆ dunque, anzi valorizzandola attraverso la riscoperta di una capacitĆ progettuale che sia da stimolo alla creazione di nuove imprese e soprattutto di nuove economie sostenibili, eque, solidali, partecipate ed indipendenti.
Dobbiamo giocoforza prendere le distanze dalle formule culturali d’importazione, per evitare di essere invasi da un costosissimo star system che poco potrebbe lasciare alla popolazione ed allo sviluppo del territorio, ma troppo alla gloria di un sistema politico genuflesso al servizio dei soliti noti. La cultura non deve essere intesa come ricerca individuale per pochi eletti, essi sono sicuramente la trivella principale, ma il petrolio deve essere il territorio e chi lo abita.L’esistenza e la resistenza di un’UniversitĆ indipendente nel territorio ĆØ fondamentale anche in un Distretto Culturale Open Source (Glocale, Naturale e Sostenibile), ma solo per evitare di affidarsi a cordate di squali accademici famelici e distanti anni di luce dal territorio, ma vicinissime al giro dei superconsulenti, a oro volta vicini al partito di turno. L’apporto verso istituzioni esterne non avrebbe senso solo in quanto l’obiettivo non ĆØ tanto quello di avere il necessario sostegno di ricerca e di esperti, ma quello di formare nostri giovani in maniera che possano operare con competenza nel proprio territorio.
Anche il turismo ed il rilancio turistico deve passare attraverso questa prospettiva: tutte le attivitĆ in genere devono investire in cultura (lingue straniere, storia e tradizioni minerarie, enogastronomia a Km 0, ecc.) per poter essere non solo competitive, ma anche innovative. Un avvertimento perĆ² ĆØ d’obbligo: la situazione di crisi sicuramente ha prodotto nella popolazione, oltre che una certa diffidenza, anche una percezione diversa rispetto alle emergenze da affrontare: sarebbe sbagliato raccontare che questo progetto possa produrre economie ed occupazione a breve termine, ma dobbiamo costruire le basi affinchĆ© la nostra generazione possa rilanciare il sistema per un futuro diverso che non vuole non ricadere in crisi cicliche anche peggiori di quelle che stiamo passando. Questo scenario apocalittico non ĆØ difficile da immaginare se continuiamo a destinare centinaia di milioni di euro a multinazionali che finiti i finanziamenti taglieranno ancora la corda , lasciando il territorio in condizioni questa volta veramente irrecuperabili, e tutto questo perchĆ© la politica non ha piĆ¹ creativitĆ ed invenzione, ma solo fame di voti e disperazione sociale che bussa alle sue porte, senza capire che lei non ĆØ la soluzione dei problemi, ma parte del problema.
Non dobbiamo cadere nell’equivoco che la cultura ed il turismo possano da soli produrre un PIL necessario ad un benessere diffuso, ma neppure arretrare su vecchie posizioni che, attraverso la concezione di una politica culturale intesa solo come patrocinio di una marea di eventi piĆ¹ disparati, non sono mai state in grado di contribuire ad un punto di PIL, ma in compenso una valanga di voti per l’assessore di turno. L’industria culturale ĆØ una vera e propria industria ed il distretto culturale ĆØ di fatto un’industria vera e propria, ma per crearla nel nostro territorio bisogna voltare pagina, e noi abbiamo giĆ iniziato a farlo.
Traghettare il nostro territorio nella sua giusta ambizione di sviluppo culturale ed economica, non deve significare innestare quei modelli della contemporaneitĆ e dello sviluppo disegnati e designati altrove, per altre economie, per altri interessi, ma vuole dire elaborarne di nuovi: creare un modello innovativo anche nei modelli dell’innovazione.Se per alcuni aspetti la nostra crisi ĆØ simile a quella di altri territori, ĆØ vero anche che il nostro territorio ĆØ per sua natura unico del suo genere, e da qui dobbiamo ripartire.Per creare nuova economia ci vogliono risorse: noi dobbiamo individuare il meccanismo per produrre risorse, prima ancora che nuove economie.Non possiamo permetterci il lusso di credere che tutti possano capire a priori l’utilitĆ di dirottare importanti finanziamenti da destinare alla Cultura, o meglio alla ricerca ed alla sperimentazione culturale per la produzione di progetti ed azioni utili al territorio, permettendo a tutta la comunitĆ , e non solo alla politica, di poter sfruttare la sua capacitĆ di pensare il futuro.
Non possiamo attendere oltre: se pure avessimo da oggi tutte le risorse necessarie per agire in profonditĆ , nel socio-culturale, e trasformare una prospettiva culturale in una realtĆ di concreta occupazione e sviluppo, occorrerebbero molti anni. Quindi noi dobbiamo essere in grado di partire comunque, a prescindere dalle risorse disponibili nel territorio, partendo proprio da quel settore di base, il primo cerchio concentrico, capace di operare in condizioni di crisi e di vuoto.Il primo passo dunque ĆØ quello della valorizzazione dell’esistente, compiendo un’azione di monitoraggio che sappia individuare, ma senza pregiudizi, le strutture giĆ operative nel campo dell’innovazione della cultura e dell’impresa, per attivare attraverso la realizzazione di una rete open source che sia capace di elaborare progetti e di renderli condivisi, individuando anche quali strutture siano da riconvertire in imprese culturali, mettendo da subito in campo un meccanismo in grado monitorare costantemente le ricadute economiche, occupazionali, sociali e culturali nel territorio, per evitare di sostenere cattive pratiche culturali, colpevoli anch’esse dello stato di crisi e di sottosviluppo in cui versa la nostra cittĆ ed il nostro territorio.
La novitĆ che vorremmo apportare al modello (quello di Richard Florida per intenderci) del Distretto Culturale ĆØ quella di puntare direttamente ad un modello inedito che potremmo chiamare Distretto Culturale Open Source (Glocale, Naturale e Sostenibile), capace di partire contestualmente dall’alto e dal basso, attivando nel territorio workshop con operatori internazionali ma esclusivamente rivolti alla ai cittadini, alle associazioni ed alle imprese, in modo da renderli protagonisti del processo, valorizzando lo spirito creativo e di conoscenza individuale e collettiva.L’importante ĆØ che si sappia dal principio operare con l’obbiettivo di raggiungere, in tempi ragionevoli, un considerevole numero di persone, tenendo conto sia delle problematiche del territorio che delle dinamiche internazionali: senza perdere un’identitĆ dunque, anzi valorizzandola attraverso la riscoperta di una capacitĆ progettuale che sia da stimolo alla creazione di nuove imprese e soprattutto di nuove economie sostenibili, eque, solidali, partecipate ed indipendenti.
Dobbiamo giocoforza prendere le distanze dalle formule culturali d’importazione, per evitare di essere invasi da un costosissimo star system che poco potrebbe lasciare alla popolazione ed allo sviluppo del territorio, ma troppo alla gloria di un sistema politico genuflesso al servizio dei soliti noti. La cultura non deve essere intesa come ricerca individuale per pochi eletti, essi sono sicuramente la trivella principale, ma il petrolio deve essere il territorio e chi lo abita.L’esistenza e la resistenza di un’UniversitĆ indipendente nel territorio ĆØ fondamentale anche in un Distretto Culturale Open Source (Glocale, Naturale e Sostenibile), ma solo per evitare di affidarsi a cordate di squali accademici famelici e distanti anni di luce dal territorio, ma vicinissime al giro dei superconsulenti, a oro volta vicini al partito di turno. L’apporto verso istituzioni esterne non avrebbe senso solo in quanto l’obiettivo non ĆØ tanto quello di avere il necessario sostegno di ricerca e di esperti, ma quello di formare nostri giovani in maniera che possano operare con competenza nel proprio territorio.
Anche il turismo ed il rilancio turistico deve passare attraverso questa prospettiva: tutte le attivitĆ in genere devono investire in cultura (lingue straniere, storia e tradizioni minerarie, enogastronomia a Km 0, ecc.) per poter essere non solo competitive, ma anche innovative. Un avvertimento perĆ² ĆØ d’obbligo: la situazione di crisi sicuramente ha prodotto nella popolazione, oltre che una certa diffidenza, anche una percezione diversa rispetto alle emergenze da affrontare: sarebbe sbagliato raccontare che questo progetto possa produrre economie ed occupazione a breve termine, ma dobbiamo costruire le basi affinchĆ© la nostra generazione possa rilanciare il sistema per un futuro diverso che non vuole non ricadere in crisi cicliche anche peggiori di quelle che stiamo passando. Questo scenario apocalittico non ĆØ difficile da immaginare se continuiamo a destinare centinaia di milioni di euro a multinazionali che finiti i finanziamenti taglieranno ancora la corda , lasciando il territorio in condizioni questa volta veramente irrecuperabili, e tutto questo perchĆ© la politica non ha piĆ¹ creativitĆ ed invenzione, ma solo fame di voti e disperazione sociale che bussa alle sue porte, senza capire che lei non ĆØ la soluzione dei problemi, ma parte del problema.
Non dobbiamo cadere nell’equivoco che la cultura ed il turismo possano da soli produrre un PIL necessario ad un benessere diffuso, ma neppure arretrare su vecchie posizioni che, attraverso la concezione di una politica culturale intesa solo come patrocinio di una marea di eventi piĆ¹ disparati, non sono mai state in grado di contribuire ad un punto di PIL, ma in compenso una valanga di voti per l’assessore di turno. L’industria culturale ĆØ una vera e propria industria ed il distretto culturale ĆØ di fatto un’industria vera e propria, ma per crearla nel nostro territorio bisogna voltare pagina, e noi abbiamo giĆ iniziato a farlo.