Eleonora Di Marino # diario su Exibart /Aperto! Wilson Project Space

APERTO! 27 novembre 2013






Eleonora Di Marino ha poco più di vent'anni, è nata nel Sulcis e ritiene che sia parte integrante del suo essere artista vivere nella sua terra. E condividere azioni politiche con altri soggetti che magari con l’arte c’entrano poco o niente. Qui ci racconta la sua ultima azione, volta a rendere fruibile un luogo di Sassari. È il diario  di Aperto! | Wilson Project Space




Dalla Sardegna con determinazione/1
Ho sempre lottato per poter sperare di cambiare il mondo, in ogni caso continuo a lottare per poter cambiare almeno la speranza. Nel mio territorio d’origine, il Sulcis, si nasce e si muore lottando. La mia Isola è chiusa e ostile, permalosa e bellissima, anche quando ti uccide con i veleni portati da quelle industrie che volevano, appunto, portare speranza, ma che hanno finito per insegnare a lottare: il paradosso è che dalle mie parti ancora si lotta per continuare a morire. 
Dalla lotta, e dalla sopravvivenza, ho imparato che si arriva a conquistare qualcosa solo se l’azione è chiara, forte, sintetica e si muove verso un obbiettivo preciso. Non vado d’accordo con un certo modo di fare arte che prende a pretesto il mondo (e la speranza) semplicemente per giustificare la produzione di un’opera, rinunciando così a tutta una potenziale carica politica, morale e sociale che l’arte (e l’artista) contemporanea ha proprio nelle sue stesse radici storiche ed estetiche. Il risultato è che in questa finzione dell’azione politica e sociale anche l’opera rischia di divenire un semplice, anzi, un complicato pretesto, che alla fine non fa che aumentare, invece che diminuire, le distanze tra l’opera, l’artista e le sue buone intenzioni d’interazione sociale. L’uomo albero ad Istanbul, il Tank Man di Tienanmen, hanno compiuto un gesto chiaro, forte, sintetico, che si è mosso verso un obiettivo preciso. 

APERTO! 27 novembre 2013

Verso un preciso obiettivo indeciso.
Con il semplice gesto, chiaro, forte, sintetico, di rimuovere la porta del Wilson Project Space, ho di fatto aperto lo spazio a chiunque volesse utilizzarlo, in qualsiasi modo, in qualsiasi ora del giorno e della notte.

Il mio diario, con Dario Lino (Costa) 
- Ventisette Novembre, ore 18,30.  Lo spazio è aperto, vuoto, bianco, lasciamo, giusto per l’inaugurazione, le porte adagiate su una parete, con le chiavi inserite nella serratura. 
- Ventotto Novembre. Nello spazio aperto, vuoto, bianco, l’unica presenza, in un angolo del pavimento, è quella dei volantini con l’indirizzo e-mail del blog (http://aperto-wps.blogspot.it/) che invitano a mandare le immagini del passaggio dei nuovi "inquilini”.
Nello spazio da questo momento può succedere qualsiasi cosa, anche niente, in ogni caso nulla è stato concordato: uno poteva decidere di utilizzarlo un giorno ad una certa ora, per una certa cosa, e per assurdo tutti sarebbero potuti arrivare in quello stesso momento, magari per fare la stessa cosa.
In ogni caso la porta non c’è più, chiunque potrebbe portarsi via, danneggiare o riscrivere quello che un altro decide di lasciare.

APERTO! 3 dicembre 3 p.m.

- Ventinove Novembre. Non sappiamo chi e quante persone siano passate davanti o siano entrate senza fare nulla. Finalmente sul blog è documentato il primo intervento: una piccola riproduzione di un quadro di Morandi, un vaso di fiori.
- Trenta Novembre. La stampa è ancora lì, i muri si sono riempiti di segni e disegni, ci sembrano tutti bellissimi; non credo sarei riuscita a realizzarli in maniera così spontanea, e soprattutto senza la mia presenza fisica! Sul davanzale della finestra c’è un cartone della pizza.

APERTO! 2 dicembre 2013

- Un, due, tre, Dicembre. A vederla ora, a metà dell’opera(zione), sembra una bellissima mostra, così colorata, underground, poetica. In questi giorni qualcuno ha utilizzato lo spazio per restaurare un tavolo, alcuni docenti dell’Accademia hanno portato i loro studenti, ed anch’essi hanno lasciato le loro tracce espressive, soprattutto sulle pareti. Qualcuno ha lasciato uno zaino pieno di quaderni di scuola, altri oggetti-opera sono disseminati ovunque, dalle pareti al pavimento.
- Quattro Dicembre. Il fatto che gli oggetti, le opere e gli interventi siano ancora tutti lì e che stiano rispettosamente insieme, ci da la sensazione che il mio gesto non abbia intaccato la sacralità di un project space dedicato alla ricerca ma che anzi ne abbia aumentato l’aura: possibile che a nessuno sia passato per la mente di portarsi via qualcosa?

APERTO! 3 dicembre 2013

Io e Dario aspettiamo giorno per giorno, ora per ora,  i nuovi passaggi, le nuove immagini,  ansiosi di nuove emozioni, di altre immaginazioni, di sentire di avere intorno tante persone che sentono la necessità di esprimersi, di partecipare, di fare comunità. 
Non abbiate paura, io, Dario, non ne abbiamo avuta.
To be continued.....


Dalla Sardegna con determinazione/2
Vi proponiamo oggi la seconda e ultima parte del diario di Eleonora Di Marino, giovane artista sarda che, come ricorderete, con la collaborazione di Wilson Project Space di Sassari qualche tempo fa ha portato in città una vera e propria esperienza di Public Art. I protagonisti? Ovviamente la città e la cittadinanza, alle prese con uno spazio lasciato completamente libero da vincoli. Ecco com'è andata a finire


…Il mio diario, con Dario Lino (Costa) 

- Cinque dicembre.  Oggetto: arte-terapia-ruben. Da: Ruben Mureddu. "Ciao Eleonora e Dario! Vi invio un paio di foto delle due giornate che abbiamo trascorso in galleria per partecipare all’intervento di Eleonora. Al piu presto vi faccio avere qualche ora di video. Ho inserito anche la lettera di presentazione che ho inviato alla direzione delle comunità psichiatriche di Rizzeddu per avere il permesso di far partecipare i ragazzi a "APERTO!". Potete usarlo come meglio credete. Grazie a entrambi per aver offerto questo momento di interazione e condivisione. Appresto, ruben.” 
Lo spazio aperto diviene comunità, uscendo dalla necessità di essere un contenitore di espressioni estetiche, che invece diventano esperienze visive e sociali.

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- Sei dicembre. Sulle  pareti  le parole iniziano a lottare. Una frase di Pasolini viene cancellata perché scambiata con un’oscenità gratuita: l’autore sottolinea, con un’altra scritta, la gaffe moralizzatrice. In uno spazio aperto il writing è una necessità fisiologica, mentre è l’ammoniaca  rilasciata dai colori acrilici a trasformare l’aria  di questo passaggio in un sottopassaggio.

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- Sette dicembre. L’azione devasta e la necessità umana  di non  lasciare un solo spazio bianco a portata di umano si fa panico visivo. Difficile uscire dagli stereotipi della traccia di sé e dalla condizione di essere, stato, spazio espositivo. Gli interventi realizzati più alla regola dell’arte soccombono e rinascono negli altri, che incombono arrivando da tutte le parti, ma a nessuno è venuta l’idea di utilizzarlo come garage (eppure in certe ore della giornata è praticamente impossibile trovare parcheggio). I fogli di Alberto Garutti, sparsi sul pavimento, portano le impronte di chi ci è passato sopra per segnare la sua visita.

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- Otto dicembre. "Ciao è stato bello - LEAVE ME HERE”. Un contenitore di segni e passaggi dove il disagio sociale è in una posizione di assoluta precarietà estetica e la paura di non lasciare traccia cede il passo alla testimonianza,  al ringraziamento per aver restituito uno spazio ad una condizione di libertà assoluta. Una scritta sulla soglia della porta rimossa da voce ad una riflessione anonima: "OGNUNO E’ RESPONSABILE DI TUTTO DAVANTI A TUTTI”.

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- Ultimo giorno (nove dicembre). Spitfire Beatz + DJEF. I musicisti sembrano essere quelli più attenti al concetto di spazio libero e di spazio aperto (e coperto), trovandosi a loro agio tra i segni che disegnano un’aria metropolitana, underground, ormai sempre più distante da quella dell’ottimizzazione minimale dell’intervento artistico contemporaneo. Intervento artistico contemporaneo che si chiude puntualmente alle ore 21,00: le porte rimosse vengono rimesse e la serranda si chiude. Ora tocca al pittore imbiancare tutto, rimuovere la pittura…far rinascere uno spazio che d’ora in poi sarà sempre anche un luogo sociale, politico, almeno nella sua e nella mia storia. Che ora è anche vostra.


 1° parte 2° parte

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